La Leadership Gentile

Workout Magazine - Studio Chiesa communication

Heritage al femminile: Workout magazine incontra Annalisa Bellante, Vice President CAMA Group

Nel 2020 InfoJobs, piattaforma online – tra le leader in Italia – per la ricerca di lavoro, aveva svolto un sondaggio su quasi 2.000 suoi iscritti sul tema della gentilezza in azienda. I risultati non lasciavano alcun dubbio sul fatto che venisse considerata un punto di forza nel mondo del business: ben il 65% degli intervistati ne era convinto e addirittura il 20% la considerava indispensabile. Di contro c’era anche chi la considerava una mera tattica per catturare consenso oppure una «pia illusione» e addirittura (1,5%) una debolezza. Una delle domande verteva poi sulle qualità che rendono un leader «gentile». Ed ecco le risposte:

  1. È guidato da spirito di squadra, nel successo e nel fallimento protagonista è solo il team (38%)
  2. Guida, ma non impone metodi perché l’importante è il raggiungimento degli obiettivi (24%)
  3. Sa premiare i buoni risultati, ma non colpevolizza per gli insuccessi (23%)
  4. Sa ascoltare e gratificare (15%)

Quando però si scendeva sul piano della realtà, solo meno della metà degli intervistati dichiarava di avere un «capo» che rispondeva ai requisiti sopra elencati, mentre gli altri vivevano in ambienti lavorativi nei quali non si dava alla gentilezza alcun rilievo o quasi.

A distanza di qualche anno ci si potrebbe chiedere se e come sono cambiate queste percentuali, ma a leggere articoli, post su LinkedIn, interventi su blog sembra essere ormai acquisito – almeno a livello teorico – che un clima positivo, corretto e gentile ha un impatto vantaggioso sui risultati di un’azienda. E non è difficile capire il perché: la gentilezza aumenta l’empatia, promuove la fiducia reciproca, incoraggia l’inclusione, riduce lo stress e tutto questo aumenta la produttività dei singoli e migliora le performance. Non solo, ma è anche fondamentale nell’attrazione dei talenti: chi di noi ambirebbe a un luogo di lavoro nel quale dominano scortesia e ruvidezza? Senza dimenticare l’importanza, sull’intero mondo degli stakeholder, di una buona reputation che si raggiunge anche attraverso la capacità di creare un ambiente accogliente per tutti.

Esterni della sede di Molteno.

Sono concetti familiari ad Annalisa Bellante, Vice President di CAMA Group, azienda del Lecchese specializzata in macchine e linee robotizzate nel comparto del packaging secondario con 6 filiali sparse nel mondo: nei suoi discorsi parole come gentilezza, rispetto, educazione ricorrono spesso e fanno il paio con il tono sempre garbato delle risposte. «È il nostro imprinting aziendale – dice – ma se vogliamo parlare in generale di leadership al femminile – che è un tema che mi interessa molto – sono comunque certa che queste skill, unite ovviamente alle capacità individuali e alla determinazione, portano a grandi risultati. E non dimenticherei anche il saper porsi con quel pizzico di charme che è un po’ un nostro plus. Purtroppo invece capita ancora che una donna, soprattutto se si trova a lavorare in un ambito tecnico «duro e puro», scivoli in atteggiamenti prevaricatori, un modo per me sbagliato di sottolineare che si è decisioniste – e aggressive –  come e più di un uomo».

La Welcome Hall all’ingresso.

Continuando sul tema della leadership al femminile Annalisa si dice convinta che sia caratterizzata da una gestione delle complessità diversa rispetto all’analoga al maschile, ma con il pragmatismo che la contraddistingue riconosce che non è detto che con un approccio differente non si raggiunga lo stesso risultato: «Alla fine nelle aziende sono i numeri a parlare, sono i risultati, le performance che si raggiungono, la motivazione che si riesce ad accendere nei collaboratori e lì non c’è donna o uomo che tenga. L’importante è che le analisi di soddisfazione di reparto siano positive, la buona educazione, appunto la gentilezza, non sono di appannaggio solo delle donne».

Annalisa parla con la sicurezza tranquilla di chi è entrata ragazza, subito dopo l’università, nell’azienda di famiglia che era ed è «innovativa, tecnologica, tra i market leader in un settore, quello del confezionamento, che per il nostro Paese è al top a livello mondiale avendo superato nel 2024 i nove miliardi di fatturato» e lì è cresciuta con la giusta gavetta, sotto l’occhio attento del padre Paolo: «Mi sono fatta un paio d’anni di formazione al suo fianco ed è stato un ottimo training». Niente a che vedere con la narrazione, udita spesso in altre imprese, di fondatori lacerati tra il desiderio e il fastidio di avere i figli in azienda, gelosi del proprio potere che elargiscono goccia a goccia nel corso perfino di svariati decenni. Un padre illuminato? Senz’altro, e aggiunge: «Sono sempre stata molto vicina a lui come carattere, avevamo un canale di comunicazione intimo, quasi telepatico. E poi gli devo riconoscere la bravura nell’aver creato una sorta di contaminazione naturale tra noi figli e CAMA: in casa sentivamo parlare di macchine, dei clienti, degli eventuali problemi lavorativi. Questo significa che potevano esserci, a volte, weekend pesanti, ma sta di fatto che la nostra impresa l’ho sempre vissuta ed entrarci è stato un passo assolutamente naturale».

L’interno della Welcome Hall.

Così è avvenuto anche per il fratello Daniele, di poco più giovane, con una ripartizione di ruoli decisa – «in modo corretto» dice Annalisa – dal padre: a lui tutta la parte tecnica e ad Annalisa il marketing e le risorse umane. Questo però si sarebbe concretizzato tempo dopo il loro ingresso, l’inizio è ben diverso: «La mia prima postazione di lavoro è stata al Telex e poi all’archivio; a mio fratello invece come incarico «di benvenuto» è toccata la supervisione dei bagni con particolare attenzione alle tavolette dei water» ride Annalisa aggiungendo che tanto lei quanto il fratello (oggi CEO) sono fieri di aver iniziato dal basso. E poi la loro crescita è avvenuta in modo fluido fino a quando il padre non è venuto a mancare prematuramente e loro hanno assunto la piena gestione di CAMA: «Tutto si è svolto quasi automaticamente perché una volta che entri in azienda e ti affianchi ai vari responsabili per capire i processi, poi ti ricavi il tuo spazio, ti costruisci una tua posizione che poi è anche quella più affine al tuo carattere».

Da questo punto di vista Annalisa è consapevole di essere stata quasi un’eccezione: «Il passaggio generazionale è, da quello che vedo, più un problema che un’opportunità per un’impresa. Conosco imprenditrici e imprenditori molto limitati dai genitori nel farsi strada all’interno delle aziende di famiglia e che devono sottostare a tante decisioni che magari non approvano, con un carico di frustrazione pesante. Perché non tutte le prime generazioni sono così accorte da cedere nei tempi giusti “lo scettro”. Oppure capita che il passaggio generazione ci sia, ma in modo sconnesso, per esempio con l’attribuzione a ciascuno dei figli di un ruolo ben distinto senza però preoccuparsi di tratteggiare un modello di organizzazione sicché è come se in azienda ci fossero tante bolle che poi non riescono a interagire tra loro».

Reparto produttivo.

Paolo Bellante è stato lungimirante non solo sul piano della successione. Nel racconto di Annalisa si coglie l’orgoglio di aver avuto un padre simile: «La genesi di CAMA è diversa da quelle delle altre aziende in zona. Prima di tutto perché mio padre è stato per parecchi anni General Manager di una multinazionale americana. E proprio per questo motivo il suo era uno stile di management avanti anni luce rispetto all’Italia. Così quando ha deciso, nel 1981, di fondare un’azienda sua le ha conferito un imprinting del tutto estraneo alle logiche che a quei tempi dominavano nelle imprese locali, magari create da figure tecniche che si mettevano a un certo punto in proprio. Da noi fin dall’inizio si parlava di cost controlling, di job description, avevamo tool sconosciuti al 99% dell’imprenditoria. E poi da bravo manager aveva portato nella sua realtà visione, pianificazione, banalmente anche l’importanza di essere poliglotti, di andare all’estero non solo a vedere cosa facevano i competitor, ma anche ad aprire filiali, voglio dire che l’impostazione è stata impeccabile da subito».

Anche quell’attenzione all’innovazione che è messa in risalto ogniqualvolta si parla di CAMA deriva certamente dal modo di concepire il business che Paolo Bellante aveva: «Se siamo tra i leader del nostro settore è perché continuiamo a investire in innovazioni tecnologiche, con una strategia a lungo termine che parte dall’analisi delle esigenze di mercato. Al nostro interno c’è una corposa R&D con cinque collaboratori e abbiamo stretto partnership importanti su progetti trasversali che poi possano essere applicati a tutte le nostre macchine, come per esempio i carrelli a propulsione magnetica e i cobot, mantenendo però a CAMA il ruolo di project manager dell’operazione». D’altro canto la necessità di essere sempre un passo avanti è connaturata anche al fatto che «noi non siamo integratori, bensì costruttori di robotica. Pochi in Europa sono come noi che sviluppiamo macchine che integrano i nostri robot». Un ulteriore fiore all’occhiello è l’utilizzo della realtà virtuale nella pratica quotidiana legata soprattutto alla progettazione, alla manutenzione, alla formazione – «Grazie ai digital twin siamo in grado di simulare le prestazioni anche di sistemi complessi» spiega Annalisa – con un approccio che viene definito «olistico» perché si concentra sull’intero progetto e non soltanto sui singoli elementi che ne fanno parte.

Fase di assemblaggio di un macchinario.

Da tutto quanto detto finora si capisce che le commesse che arrivano a CAMA Group sono progetti ad hoc: «Noi li definiamo USP, unique sales proposition, è come se ogni volta dovessimo cucire un abito su misura del cliente. È chiaro che per lavorare in questo modo dobbiamo avere alle spalle un’organizzazione perfetta soprattutto per quanto concerne la stima dei costi, la pianificazione e il customer service. Questa è la nostra forza, quella che ci rende competitivi e ci fa crescere negli anni in modo costante. Teniamo presente che i nostri clienti sono multinazionali molto esigenti, che si aspettano da noi un rigore e una qualità assoluti anche perché, essendo realtà del mondo della grande distribuzione, hanno parecchie spade di Damocle che pendono sulla loro testa e che si traducono in forti penali per noi fornitori se qualcosa non funziona a dovere».

Altre due caratteristiche che rendono CAMA un partner d’eccellenza sono, secondo Annalisa, la velocità di reazione («in tante aziende c’è un’inerzia mortale») e l’efficacia della comunicazione interna, che combinate insieme generano una risposta in sintonia con le necessità dei clienti: «Non è un caso che il nostro nuovo logo riprenderà il concetto della goccia. Significa che come una goccia cadendo in uno specchio d’acqua genera una serie di cerchi concentrici, così ogni input deve arrivare con chiarezza anche all’ultimo dei collaboratori più operativi».

Gli uffici in open space.

Se vi sembra che il ritratto che finora emerge di questa azienda sia quella di una realtà algidamente tecnica e tecnologica, con competenze in prevalenza maschili, non vi sbagliate, ma non avete preso in considerazione l’apporto femminile di Annalisa che è orientato «più alle risorse umane, all’ambiente, alla sicurezza, all’improvement femminile» coronato, come una ciliegina su una torta, dall’amore per la cultura e per il bello in tutte le sue sfaccettature: «Dall’anno scorso siamo certificati parità di genere il che ha significato molti passi concreti, per esempio, arrivare all’allineamento dei salari per uguali livelli e inserire figure femminili anche in ruoli apicali. In più all’interno del welfare aziendale abbiamo introdotto alcune best practice, come l’aggiornamento di chi è rientrata dalla maternità con momenti di formazione dedicati piuttosto che un part-time di maternità più lungo di quello di legge. Un’iniziativa di cui sono molto orgogliosa è stata poi quella che abbiamo intitolato “L’avvocato entra in azienda”: è un servizio di consulenza legale gratuita, destinata ovviamente a tutti i lavoratori, ma che per le donne significa avere un supporto qualificato in tutte le evenienze che le vedono spesso sole, dalla separazione alla violenza domestica. E prossimamente attiveremo un piano per la salute femminile, oggi l’abbiamo invece trasversale su tutta l’azienda e consiste per esempio nella somministrazione del vaccino antinfluenzale piuttosto che nel controllo dei nei. Abbiamo inoltre aderito al piano WHP di Regione Lombardia che ci qualifica come Workplace Health Promotion, cioè come un luogo di lavoro che promuove salute: eroghiamo sul nostro Intranet pillole video che sensibilizzano sugli stili sani di vita, sulla lotta alle dipendenze, sull’alimentazione corretta, per esempio proprio adesso ne stiamo trasmettendo una sull’uso e abuso del sale in cucina».

Annalisa Bellante con una collaboratrice: CAMA Group è certificata parità di genere dal 2024.

Dicevamo dell’amore per la cultura, ereditata dal padre e trasmessa da Annalisa e Daniele all’azienda perché entrambi credono fortemente che rappresenti un valore aggiunto e uno stimolo a 360 gradi per tutti i collaboratori. Hanno addirittura creato una divisione dedicata, battezzata CAMART, che organizza mostre all’interno della sede (una incentrata sulla violenza sulle donne è appena terminata e se ne sta preparando un’altra, di sapore invece geo-etnografico, sull’Islanda) e donano biglietti per visitare, con guida inclusa, le principali esposizioni che si tengono sul territorio, in primis a Milano. Annalisa è poi attivamente impegnata nella diffusione del progetto «Opera in Villa», un format innovativo che ha l’obiettivo di avvicinare alla bellezza dell’opera lirica che, va ricordato, dal dicembre 2023 è Patrimonio Immateriale dell’Umanità dell’UNESCO: si tratta di riduzioni delle più importanti opere italiane che vengono messe in scena, con cantanti e musicisti professionisti, nell’affascinante cornice della vicina Villa Sormani Marzorati Uva, gioiello secentesco affacciato su una terrazza naturale da cui si gode una vista incantevole sulle colline della Brianza. Ideatore dell’iniziativa, nonché «padrone di casa», è il conte Alberto Uva Marzorati, personaggio eclettico e vulcanico, che ha coinvolto Annalisa in questa iniziativa: l’idea è di portarla nelle aziende come momento di puro godimento per tutti i collaboratori, ma anche come ambizioso collante culturale tra il territorio e la sua parte produttiva. «Non è facile – ammette Annalisa – perché l’area brianzola è fatta di realtà di metalmeccanica pesante, parliamo di acciaio, di fil di ferro. In questo momento poi è partita un’altra idea ancora più affascinante: far ospitare un ciclo di opere nel Teatrino di Corte nella Villa Reale di Monza, bellissimo ambiente oggi inattivo, e di restituirgli quindi dignità di luogo vivo e non solo di reliquia del passato. Cerchiamo sponsor, ma le imprese italiane stanno purtroppo attraversando un momento critico e spesso mi sento rispondere che le priorità sono altre. Tuttavia io non mi arrendo».

Una delle meeting room: l’amore per l’arte in CAMA si è estrinsecata nella collocazione di svariate opere nella sede di Molteno.

Un altro obiettivo perseguito da Annalisa è contribuire a «chiudere la cerniera» tra mondo delle imprese e mondo della scuola per rendere i giovani consapevoli delle opportunità che offre il settore manifatturiero «Dobbiamo innanzitutto sensibilizzare sull’ottima qualità formativa delle scuole tecniche, non esiste solo il liceo e in più oggi gli ITS hanno fatto un salto di qualità notevole. E in questa attività di comunicazione dobbiamo partire ovviamente dalla scuola secondaria di primo grado, dalle «medie» per intenderci, coinvolgendo anche i genitori, facendo loro capire che queste scuole possono aprire a molti sbocchi professionali che prevedono piani di carriera interessanti e buone retribuzioni. In particolare l’evoluzione tecnologica ha creato tante nuove figure che sono aperte sia ai ragazzi che alle ragazze». Annalisa ricorda che nel 2024 sono passati da CAMA quasi 800 ragazzi tra studenti di istituti tecnici e ITS in open day di successo: «Abbiamo anche organizzato dei contest, preceduti da momenti in cui le nostre persone hanno fatto formazione, hanno interloquito con i ragazzi. E viceversa i nostri ingegneri vanno negli ITS a svolgere corsi perché questo tipo di scuola si presta molto bene a «contaminarsi» con le imprese. E non sto parlando solo di ITS tecnici perché abbiamo ospitato anche l’ITS  “Maria Ausiliatrice” di Lecco che ha un’impronta più commerciale e orientata al business».

Opere d’arte anche nei corridoi.

Due sono le convinzioni di Annalisa su questo tema. La prima è che Confindustria debba coinvolgersi in questa attività di sensibilizzazione perché va a beneficio dell’intero territorio e poi che anche le singole aziende debbano mettersi in gioco. E qui non risparmia una sferzata ai colleghi: «Francamente quando mi sento ripetere per l’ennesima volta che sono disperati perché non trovano risorse sul territorio, io ormai rispondo con una provocazione: “E tu cosa fai per attirarle?”. Perché, diciamolo, ci sono aziende che più che attrarre i giovani sembrano fare di tutto per farli scappare, a partire dalle modalità dei colloqui. E aggiungo, anche dall’enviroment che viene offerto. Poi certamente non tutti gli inserimenti sono di successo e può capitare che si generino delle dinamiche non prevedibili in fase di selezione. Ma, ribadisco, le nuove generazioni sono cambiate e bisogna essere consapevoli che servono altre leve per diventare appetibili».

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