La sezione Signum si caratterizza invece per la forza del segno, del tratto, che scava, delinea, incide, solca. In Ernesto Treccani (1920-2009) diviene vibrazione, sismografo delle emozioni e l’acquerello sfuma, sfiorisce, dilava. Di una linea pura, precisa, che fissa volumi e chiaroscuri nello studiare forme e profili si serve Domenico Induno (1815-1878), eccelso interprete della scena milanese dell’Ottocento. Il tratto si fa colato, sfinito e deformante nei nudi di Kalina Danailova (1985), che abitano stanze vuote, anonime e grondanti lacrime di colore a confondersi con la carne. Al contrario, è chirurgico e censorio l’intervento di Emilio Isgrò (1937), protagonista della poesia visiva e concettuale del Novecento, laddove nel negare sta l’affermare, nel celare l’evidenziare, nel gesto il tutto. La negazione della parola diviene linguaggio avulso, sovversivo, cifrato, non per tutti, solo per chi ci si addentra. Di un altro alfabeto, primitivo, ideografico, totemico si serve G.W.Bot (1954), che lascia sulla superficie le sagome ancestrali di un legame sacro col naturale, ideogrammi neri come il carbone e rossi come il sangue, tracce remote di un passato che è presente e, forse, futuro. La simmetria e la classica proporzione sono il paradigma di Davide Balliano (1983), che in Dying Warriors (2009) associa al citazionismo la reinterpretazione nei toni e nell’amalgama della luce, che si fa morbida e avvolgente, a esaltare col fondo in penombra la vertiginosa bellezza icastica dei corpi e della loro speculare torsione. L’opera invece senza autore è una texture che pare pelle di serpente, astrazione disciplinata e ordinata per spicchi e nervature, a innestare un movimento sinuoso e avvolgente, sensuale e optical. A rimettere ordine e verticalità è Ezio Vitale (1926-1991), che fotografa nel 1954 il surrealista Salvador Dalí a Palazzo Rospigliosi di Roma, all’inaugurazione di una sua mostra. Lo scatto coglie l’attimo in cui l’artista spagnolo, issato come polena in cima a una scala, giganteggia in elegante gessato intento a raccogliere delle carte di numeri e lettere.

E.P.

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