Infobesità: il sovraccarico di informazioni che intasa il B2B
Forse ancor più che la tecnologia che avanza, l’Intelligenza Artificiale che muove i primi passi, la transizione digitale …
Forse ancor più che la tecnologia che avanza, l’Intelligenza Artificiale che muove i primi passi, la transizione digitale …
Le fiere sono, da sempre, estremamente importanti per il mondo del B2B. Hanno ancora senso? Assolutamente sì. Ed ecco perché.
È ormai dato certo, anche nella comunicazione, che il mondo si divide in due fasi: pre e post Covid. La pandemia ha sicuramente influito moltissimo sulle modalità di marketing e comunicazione rappresentando da un lato uno fermo drastico a strumenti fino ad allora abituali, dall’altro un motore di innovazione, creatività e ricerca di nuove frontiere assolutamente certo.
Chrome dice addio ai cookies parti terze: l’impatto in termini di Programmatic Advertising sarà importante. Tanto da decretarne la morte?
Per iniziare l’anno con il piede giusto serve proprio un bel boom! Lo dice anche Kindra Hall nel suo libro sullo storytelling: scompigliare le carte e creare distorsione per farsi ricordare. Non che a Google serva questo per farsi ricordare. Ci mancherebbe! Ma
Comment Marketing vs Comment Spamming
Se fatto bene e con una strategia ben mirata anche il Comment Marketing è uno strumento di comunicazione strategico per il B2B. Vediamo come e perché.
L’esperienza alla base della comunicazione
Inserire un approccio di comunicazione basato sull’esperienza per generare valore: come può essere strategico nel B2B.
Cambiare paradigma alla comunicazione digital.
Negatività e positività nei contenuti della comunicazione online: una riflessione su strategie e risultati.
Nuovi paradigmi del B2B
Con l’approccio ABX ci troviamo di fronte ad un nuovo modello o, più semplicemente, ad una evoluzione? Una riflessione pratica.
I trend di copy writing per essere cool nel 2023
Il mondo Industrial B2B evolve e, con esso, il suo modo di comunicare. Quali sono i nuovi trend da tenere in considerazione? Ecco qualche idea.
Ho dovuto fare una ricerca in rete per trovare i motori di ricerca più usati in Italia alternativi a Google. E ho fatto la ricerca su Google.
E questa è già, di per sé, una tautologia: la ricerca sulla ricerca nel motore di ricerca. Aiuto; potrei andare in crash. Per di più, il buon vecchio (non troppo in realtà) colosso californiano si è mangiato – di fatto – tutti i suoi competitor e spadroneggia indisturbato nel mercato. Almeno quello Occidentale. E questo è quasi un assioma.
A darci ragione arriva l’esperienza quotidiana: chi di voi non ha mai chiesto o detto di googleare qualcosa?!?! Quindi è assiomatico che ricerca in rete, per la maggior parte del mondo conosciuto, sia Google. Ma c’è di più. Google è carnivoro. Onnivoro. Fagocitante.
In origine ci fu il Verbo. O meglio; in origine ci fu il Content. In origine ci fu il primo influencer che disse qualcosa di influenzante ad un pubblico misto-vario. Che poi lo seguì. Solo che a differenza di Adamo ed Eva o del Big Bang o di qualsiasi altra cosa si voglia credere, il primo influencer non ha un nome. E pensate bene, ancor prima di Chiara Ferragni, Paris Hilton o Clio Makeup. Ma non ci si ferma qui. Dopo un’orda di influenzatori, per citare l’Accademia della Crusca, più o meno quotati, ecco arrivare il sin-influencer. Ovvero la celebrità del peccato. SIN in inglese significa proprio peccato nel senso biblico del termine. E il gioco è facile. Parliamo di quelle figure che fanno tendenza e ispirano migliaia di follower verso azioni negative e peccaminose (per restare nella semantica della parola). E la cosa incredibile è che oltre agli account ufficiali – o presunti tali – di questi sin-influencer spopolano i fake che sfruttano la popolarità dei primi per andare a caccia di like. Ma non finisce qui. Oggi stiamo vivendo una nuova era: quella dei de-influencer. Ora, sempre perché l’etimologia ci piace, come si possa de-influenzare qualcuno è un fenomeno interessante. In realtà la tendenza è leggermente diversa e consiste, di fatto, nel farsi detrattori di un determinato prodotto o brand. Quindi non più “acquistate quel prodotto”, bensì un messaggio contrario “non acquistate quel prodotto perché”.
Si sa, a noi della comunicazione gli acronimi piacciono. Eccome se piacciono. E soprattutto adoriamo farli tutti simili tra loro così da renderci da un lato molto chic (se tu non capisci sei come Jack Frusciante; fuori dal gruppo) e dall’altro creare una allure da esperti. Alla resa pratica, molto spesso – se non sempre – si potrebbero dire le stesse cose nella nostra bellissima e variopinta lingua esprimendosi con delle frasi; più che a monosillabi. Ma torniamo al punto di partenza: essere chic è un must have per cui…
Per cui oggi vi parlo di FSC e FCS. E perché no anche di CMS e CSM. E poi di CTA e CTR. E infine, per non farci mancare nulla anche di SEM, SEO, SEA, SERP. Vi sfido… potrei andare avanti all’infinito!
Se valore di marca e marketing sono le due armi a disposizione del brand per posizionarsi commercialmente (alias offerta) nel mercato del B2B, allora – per definizione – tutte le nuove cartucce che sono messe a disposizione dei marketers e della comunicazione d’impresa più in generale acquistano un valore strategico al fine della marca. Questo è quanto più vero, e nel contempo più falso, se pensiamo all’evoluzione nel mondo della comunicazione aziendale che sta esplorando e includendo settori nuovi come quello della Intelligenza Artificiale.
Mi spiego meglio.
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