C’è un detto portoghese che recita che Dio scrive su righe storte, e proprio in questo detto la pittrice e scultrice Carla Tolomeo vede una perfetta sintesi della sua storia artistica. Aggiungendo di aver sì imboccato righe storte, ma di aver finito col procedere ben dritto.
Il suo percorso ha infatti seguito una traiettoria inaspettata, ci ha raccontato questa eclettica artista, ospite della nostra Nutrimentum Gallery. Con una carriera di pittrice (o meglio, di pittore, visto che preferisce declinare l’appellativo al maschile) già ben avviata, Tolomeo ha visto sfumare un progetto in Inghilterra e, per consolarsi, ha cominciato a lavorare a curiosi oggetti: le sedie-scultura. Dovrà tutto proprio a questa intuizione nata quasi per caso, che la porterà a essere conosciuta a livello internazionale come «la signora dell’arte delle sedie»: un titolo conquistato grazie alla capacità di trasformare un oggetto d’uso quotidiano, all’apparenza prosaico e banale, in una sorprendente opera d’arte.
Dal 1997 le sedie sono l’inconfondibile marchio del suo stile. A partire da una struttura base, Carla Tolomeo crea le sue rivisitazioni con materiali inusuali nel mondo dell’arte, come velluti, sete, broccati, passamanerie. Inusuali, a onor del vero, più in Italia che all’estero, dove ci si fa meno remore ad associare i tessuti alle opere artistiche: Carla pensa per esempio alla nota artista portoghese Joana Vasconcelos, che «coi tessuti ci fa quel che vuole». Qui nel nostro Paese, invece, nell’immaginario collettivo i tessuti restano appannaggio del mondo della moda.
Un mondo a cui, in ogni caso, il percorso di Tolomeo si è strettamente legato nel corso degli anni. Tra le numerose collaborazioni, l’artista ricorda con orgoglio di essere stata nel 2001 la prima italiana a creare le vetrine natalizie di Hermès a Parigi, realizzando per l’occasione quattro sculture tessili fiabesche, in seguito acquisite ed esposte in via permanente nell’archivio-museo della Maison.
Ma ci resta una curiosità: perché proprio le sedie? Si tratta, spiega l’artista, di un oggetto che ha sempre fatto parte del suo immaginario, anche molto prima di culminare nelle sculture che le avrebbero cambiato la vita. Già nei suoi primi dipinti, infatti, il soggetto erano spesso stanze abitate da sole sedie, poltrone e divani, a cui affidava il compito di raccontare metaforicamente la sua vita e le sue emozioni. Per lei, la sedia «nasconde un peccato, anzi, forse lo evoca», e nelle sue mani si trasforma in un autoritratto simbolico, in cui proietta sé stessa e infonde la sua anima. Le sue sono sedie insolite, ideate non per sedersi ma per «accarezzarsi l’anima»; in certi casi, scherza Carla, sono volutamente scomodissime, proprio come la vita.
La sua ultima creazione, però, trascende le sedie-scultura: si tratta del monumentale Albero della vita, ispirato al Manuale di zoologia fantastica dello scrittore argentino Jorge Luis Borges – a cui Carla Tolomeo era legata da una forte amicizia – e composto da 800 pezzi di ferro, legno e tessuto, ciascuno con una propria autonomia ma, al tempo stesso, in perfetta armonia con ogni successivo tassello dell’opera. La composizione, spiega lei, si caratterizza inoltre per i coloratissimi animali in vetro di Murano tra i rami dell’Albero che, oltre ad animarla, rappresentano un chiaro richiamo agli scritti di Borges: ispirate alle cosmogonie universali, queste creature sono infatti la metafora dell’esistenza di ogni essere animale e vegetale che nasce e nel corso della sua vita si rinnova e trasforma continuamente. Alcune parti dell’Albero, che ha fatto il suo debutto nel 2024 nel veneziano Palazzo Mocenigo, sono state esposte quest’anno al Superstudio di Milano, in occasione della Design Week: un’altra straordinaria soddisfazione nella lunga carriera di Carla Tolomeo.
E a questo punto non resistiamo e le facciamo la domanda di rito: progetti artistici per il futuro? Non si sbilancia troppo, ci anticipa solo che sta lavorando a un’installazione pensata per la città di Venezia. Aspettiamo allora di saperne di più, certi di ritrovare anche in questa nuova opera la sua visione poetica e il suo stile inimitabile.