Il Museo Ettore Guatelli nella speciale Guida del direttore Mario Turci (4-4)
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“Ei fu”. Due semplici parole, di uso comune, fluide, nemmeno troppo complesse che però restano scolpite nella mente sin dalla prima lettura. Non c’è alcun dubbio che quel “Ei” sia Napoleone. Che oggi “fu”; ovvero che sia morto. Che quest’ode sia uno dei più grandi capolavori mai scritti e che sia nata, come gli studiosi amano ricordare, in soli 3 giorni superando una serrata censura austriaca. E chi, se non il grande Alessandro Manzoni, avrebbe saputo – e forse anche potuto – colpire con un tocco così delicato di penna.
Io sono personalmente innamorata di quest’ode. Mi emoziona ogni volta che la recito. Sono sempre stata convinta che la mia passione per la letteratura unita ad una bonaria infatuazione per il buon Napoleone abbiano contribuito un bel po’.
Negli anni, però, complice lo studio e la professione che ho scelto, la buona sana emozione si è arricchita di una consapevolezza: il ruolo della parola e dell’uso che ne fa Manzoni non è casuale. E’ scelto, composto e arrangiato per generare questa emozione. Manzoni ci vuole far partecipare ad un evento; cattura la nostra attenzione e ci rende consapevoli del problema. Ci spinge con empatia ad abbracciare quel sentimento di sgomento e di dolore per la morte di un uomo che ha retto le sorti di un intero continente. E ci vuole convincere di questo: ci descrive nel dettaglio la grandezza e la sconfitta di Napoleone. Ci porta le prove di questa sua grandezza. E ci conduce mano a mano verso l’azione finale: quella di invocare, insieme a lui, la Fede sottolineando “Chè più superba altezza/Al disonor del Golgota/Giammai non si chinò”.
Oggi diremmo che quest’ode di Manzoni è un esempio superbo di strategia/cornice/framework – che dir si voglia – di content marketing. Ovviamente lui non poteva saperlo. La sua genialità e grandezza sta proprio in questo. Nel saper usare la parola come una spada che punta dritta al cuore. Nel farlo senza che il lettore se ne accorga consapevolmente. Il tutto generando un contenuto talmente fluido, semplice e diretto da sembrare quasi “improvvisato”.
Ma se volessimo rileggere in chiave contemporanea questa ode non si può non notare una cornice precisa di sviluppo. Come copywriter mi inchino di fronte a questa genialità. Qualsiasi copy e storyteller agogna di raggiungere un risultato di questa portata con il suo scritto. D’altro canto il lavoro di un content è proprio quello di convincere il proprio pubblico di qualcosa. Che sia un acquisto. Che sia un’opinione. Che sia una scelta piuttosto che un’altra, il ruolo del coywriter è quello di educare – nel senso latino di educere; cioè condurre – il proprio lettore ad andare dove vuole lui. Esattamente come ha fatto Manzoni 200 anni fa.
Come lo fa? Attraverso tecniche di scrittura ben precise di cui il lettore (in teoria) non ha percezione, ma che servono proprio allo scopo. Parole, scelte stilistiche, frasi inserite al momento opportuno, punteggiatura… tutto per generare interesse, per spingere il lettore ad una determinata azione. Il bravo copy lo fa senza che il suo pubblico se ne accorga colpendo diretto i tasti che fanno emozionare (piacere e dolore). E dunque agire.
Ci sono numerose scuole di pensiero sull’argomento. Oltre ad aprirsi un mondo sul tema delle Neuroscienze e del Neuromarketing. Sicuramente ne parleremo ancora. Quello che vorrei sottolineare è che tutto, alla fine, inizia e si riconduce ad una tecnica di scrittura. Quale? Ce ne sono mille e più. E tutte con acronimi fantasiosi. Si parte dalla più vecchia-ma-consolidata (anche se alcuni dicono superata) AIDA, alla PPP di Gary Bencivenga fino alla AIDPPC di Robert Collier.
Ne ho citate solo alcune per dire che davvero ce ne sono mille e più.
Partendo dalla “buona vecchia AIDA” (non l’Opera), questa tecnica ci suggerisce di creare un testo che attiri l’Attenzione, che in seguito sviluppi l’Interesse del lettore sull’argomento, per creare Desiderio e portare all’Azione. Sicuramente un framework molto importante nel B2C in cui il consumatore deve essere spinto ad un acquisto in modo diretto e veloce. Il tone of voice in questo caso sarà molto colloquiale ed espressivo, diretto ed emozionale. Anche un po’ sopra le righe; se vogliamo.
Robert Collier, considerato uno dei più grandi copy tanto che il suo “The Robert Collier Letter Books” è considerato una Bibbia del copywriting, ci parla di una tecnica AIDPPC: crea Attenzione e genera Interesse, Descrivi bene tutti gli aspetti importanti, in modo da Persuadere il lettore anche portando delle Prove. Infine genera una Conclusione che porti all’azione.
Questo, sicuramente, è un framework specifico per il B2B in cui il consumer – un’azienda o un team di persone – non solo deve essere catturato, ma deve fare una scelta ponderata e specifica. Deve essere persuaso, con prove e documentazioni, che la strada corretta da percorrere è quella indicata dal copywriter. Bisogna ispirare, educare, comunicare in modo efficace ed esaustivo.
Gary Bencivenga, considerato uno dei migliori copywriter viventi, parla di “Equazione della Persuasione” (PPPP) in cui si evidenzia un Problema urgente, si genera una Promessa unica, si portano Prove indiscutibili che generano una Proposta irresistibile.
Cosa ha fatto dunque il Manzoni 200 anni fa?
E’ stato un pioniere dei tempi e a colpi di penna ci ha spinti ad emozionarci e a piangere la scomparsa improvvisa e sgomenta di Napoleone. Ci ha persuasi a restare “percossa, attonita/
La terra al nunzio sta,/Muta pensando all’ultima/Ora dell’uom fatale;/Nè sa quando una simile/
Orma di piè mortale/La sua cruenta polvere/A calpestar verrà”.
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