In principio fu USALA! L’imperativo campeggiava sulla cartolina di invito allo stand accompagnato da un inequivocabile ciuffetto peloso che generava qualche sbigottimento e non pochi sgomenti, soprattutto quando l’occhio cadeva sulla frase sottostante:
“IN MODO PRODUTTIVO”. Però non eravamo al Sex Festival di Milano (allora si chiamava così), ma alla serissima e blasonata ARTVERONA e allora qualche sospetto cominciava a sorgere.
E poi, se si osservava attentamente, comparivano dei dettagli che alla prima occhiata erano sfuggiti (cosa del tutto naturale visto lo shock iniziale): in realtà la scritta era USAL’A e l’apostrofo era un minuscolo attrezzo meccanico. Insomma, si trattava di un bellissimo sberleffo di matrice dadaista che però introduceva a un vero e proprio manifesto programmatico sull’utilizzo dell’arte nel mondo del lavoro. Studio Chiesa communication lanciava la sua provocazione: l’arte, ma soprattutto l’arte contemporanea, può portare non solo a un cambio di paradigma nella comunicazione d’impresa, ma anche a un modo diverso di pensare e se “usata”, appunto, nel modo giusto, diventa motore di ricerca e sviluppo. Concetto oggi (quasi) sdoganato, ma ai tempi – era il 2010 – davvero rivoluzionario: nel grigio e ingessato mondo delle imprese cercava di farsi largo a gomitate un linguaggio, e un pensiero, che utilizzava codici totalmente dissintoni.